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LA PREVIDENZA FORENSE: recensione del libro “il labirinto normativo a danno dell’impresa: il modello 231 come filo di Arianna”

A cura di Leonardo Carbone

Il volume curato da Michele Bonsegna e Serena Miceli, edito da Plenum, offre un punto di vista inedito su un tema poco dibattuto: le misure che a vario titolo possono minare la continuità d’impresa e i salvacondotti messi a punto dal sistema per tutelare l’azienda e i posti di lavoro.
Fino al 2000 le società apparivano come le grandi “immuni”, perché non v’era pericolo che fossero coinvolte direttamente nei procedimenti che riguardavano i reati addebitati ai propri amministratori o dipendenti. Nel 2001 l’impresa si è trovata dinanzi ad uno scenario inedito: per la prima volta il legislatore ha introdotto nell’ordinamento la responsabilità amministrativa degli enti nascente dal reato commesso dalla persona fisi- ca. Da lì in poi, si sono susseguite una serie di misure che, in vario modo, possono colpire l’attività societaria: l’impresa è “passata” dal non temere nulla… a temere misure financo mortali.

Il citato nuovo percorso legislativo cammina di pari passo con una mutata lotta all’infiltrazione mafiosa. La scelta è stata quella di punire in maniera veemente e preventiva le imprese che si sospettano contaminate dalla criminalità organizzata, creando una misura ad hoc, la cosiddetta interdittiva antimafia. Quest’ultima è in grado di sterilizzare completamente l’operato delle imprese che il Prefetto presume infiltrate da organizzazioni di stampo mafioso.

Spesso, l’indagine sull’infiltrazione è condotta guardando non solo agli apicali dell’impresa ma anche alla forza lavoro: l’autorità amministrativa conduce un’indagine dei procedimenti giudiziari – definitivi e pendenti – a carico dei dipendenti ed emette l’interdittiva antimafia qualora ritenga che siano suscettibili di “contaminare” la legalità aziendale. Ciò che ne scaturisce è una ritrosia evidente dell’imprenditore ad assumere personale gravato da pendenze penali di un certo tipo. Cosa succede, tuttavia, quando l’assunzione avviene non per scelta ma in forza della cosiddetta clausola sociale?

La giurisprudenza sul punto è divisa: se da un lato, la giustizia amministrativa tende ad avallare l’operato del Prefetto anche quando l’interdittiva è emessa sulla base di dipendenti assunti a causa del cosiddetto obbligo di passaggio di cantiere, dall’altro il Giudice del Lavoro ritiene illegittimi i licenziamenti avvenuti per i medesimi motivi. L’imprenditore si trova fra l’incudine e il martello.
Come si legge nella quarta di copertina del volume recensito “È in siffatto scenario che il presente contributo trova la sua culla individua il modello di organizzazione come filo di Arianna capace di condurre la società fuori dal labirinto normativo a danno dell’impresa”.
Il volume recensito traccia un cammino che funge da guida non solo per l’impresa, ma anche per l’operatore giuridico. La complessità della materia risiede, infatti, anche nella frammentazione delle fonti: le misure sono contenute in testi normativi diversi e spesso scevri di norme di coordinamento: il D. Lgs. 231/01, il codice antimafia, il codice appalti, la legge 114/2014, le linee guida di ANAC.

A ciò si aggiunge, naturalmente, l’interpretazione che delle stesse offre la giurisprudenza, non sempre unanime. L’impresa si trova, dunque, in quello che nel volu- me viene rappresentato come un autentico labirinto di norma, sanzione e interpretazione.

In questo scenario, il modello di organizzazione, gestione e controllo previsto dal D. Lgs. 231/01 viene inquadrato dagli autori come una sorta di bussola, in grado di orientare la società stessa, arricchendola di un corredo procedurale che le permette di tenere salde le briglie del controllo delle maggiori aree di rischio: la selezione e gestione del personale, la selezione e contrattualizzazione del fornitore, ecc.

Non solo: il modello diviene strumento di dialogo con le autorità giudiziarie nel caso in cui ci si trovi nella fase patologica di applicazione di una misura di prevenzione. I primi approcci ermeneutici infatti riconoscono un ruolo crescente alle regole di compliance quali punto di partenza per riportare l’impresa alla legalità e concederle il «beneficio» di una misura di tutoraggio più blanda, quali ad esempio il controllo giudiziario o la nuovissima prevenzione collaborativa.

Su questi temi è stato scritto poco, o addirittura pochissimo, per cui le fonti a disposizione erano davvero limitate. Non solo: la riforma del codice antimafia è diventata legge da pochi mesi e le pronunce che ne trattano sono assai esigue. In questo teatro, il volume si propone di lanciare un primo sasso nello stagno, di tracciare un filo rosso di congiunzione fra le varie materie e i vari comparti giurisprudenziali. Il fine è quello di tendere una mano all’impresa e agli operatori che a vario titolo si trovino ad affrontare la burrasca delle misure descritte, allo scopo di accompagnarla lungo un percorso virtuoso che le consenta di tornare in bonis e le garantisca continuità. E continuità significa vita.

Il volume recensito è uno strumento utile a condurre la società fuori dal labirinto normativo a danno dell’impresa.