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La Cassazione si pronuncia sui nuovi ecoreati

La Suprema Corte di Cassazione, con sent. n. 46170, del 3 novembre 2016, si è pronunciata per la prima volta sul tema dei così detti “ecoreati”, introdotti dalla Legge n. 68 del 2015, ed in particolare sull’esegesi del reato di inquinamento ambientale di cui all’art. 452 bis del c.p.[1]

La sentenza in esame traccia i confini della nuova fattispecie di reato, analizzando un caso che riguarda la bonifica dei fondali di due moli del golfo di La Spezia ove, secondo l’accusa, la società incaricata di eseguire i lavori aveva violato palesemente le prescrizioni progettuali, provocando dispersione di sedimenti nelle acque con conseguente trasbordo di inquinanti (idrocarburi e metalli pesanti) – tali da causare un deterioramento ed una compromissione significativa delle acque del golfo – integrando, così, il reato di cui all’art. 452 bis c.p..

La Cassazione si è soffermata, in particolare, sul concetto di “condotta abusiva”, ha individuato i contorni del bene “acqua” tutelato e definito i caratteri della compromissione della stessa matrice, idonei a configurare la fattispecie di reato contestata.

È opportuno, prima di analizzare quanto stabilito dagli Ermellini, ricordare che l’articolo 452-bis nel punire “chiunque abusivamente cagiona una compromissione o un deterioramento significativi e misurabili: 1) delle acque o dell’aria, o di porzioni estese o significative del suolo o del sottosuolo; 2) di un ecosistema, della biodiversità, anche agraria, della flora o della fauna” – fonda i propri elementi costitutivi nella compresenza di:

  1. una condotta abusiva;
  2. una condotta che cagiona una compromissione o un deterioramento dell’ambiente significativi;
  3. una condotta che cagiona una compromissione o deterioramento dell’ambiente significativi e

La Cassazione, nella sentenza in commento, fornisce una prima interpretazione degli elementi costitutivi la responsabilità penale di cui al recente art. 452 bis c.p..

  • Condotta abusiva.

La Cassazione riconosce un concetto ampio di condotta “abusiva” e, richiamando i contenuti della direttiva 2008/99/CE (“sulla tutela penale dell’ambiente”), conferma che:

  1. come abusiva deve intendersi la condotta “posta in essere in violazione di leggi statali o regionali, ancorché non strettamente pertinenti al settore ambientale, ma anche di prescrizioni amministrative”.
  2. l’abusività della condotta si concretizza nell’inosservanza da parte del reo delle prescrizioni contenute nelle autorizzazioni rilasciate; nell’aver operato in assenza di autorizzazioni (attività clandestina) o quando esse stesse siano scadute o palesemente illegittime.
  • Definizione di ambiente compromesso e deteriorato.

La sentenza in esame, con riferimento al bene ambientale tutelato dall’art. 452 bis c.p., lo ha individuato nelle “acque in genere“, evidenziando che – a differenza del suolo e sottosuolo, ove si parla di “porzioni estese o significative” – rispetto ad esse, per la configurazione del delitto, la legge non richiede alcun riferimento quantitativo o dimensionale e, pertanto, la semplice compromissione o deterioramento della matrice acqua cagiona la commissione del reato in esame.

  • Concetto di compromissione o deterioramento dell’ambiente.

Ha messo in evidenza la Corte che, per quanto riguarda i termini “compromissione” e “deterioramento”, la reversibilità del fenomeno inquinante non è un criterio valido ad escludere la rilevanza penale del fatto sussumibile nella fattispecie di cui all’art. 452-bis c.p. – come riteneva il Tribunale del Riesame – ma che, invece, può rilevare nella distinzione tra questo delitto e quello più grave di disastro ambientale, di cui all’art. 452-quater c.p.[2].

Segnatamente, la “compromissione” consiste in una condizione di “squilibrio funzionale perché incidente sui normali processi naturali correlati alla specificità della matrice ambientale e dell’ecosistema” mentre il “deterioramento” implica uno “squilibrio strutturale, caratterizzato da un decadimento di stato o di qualità di questi ultimi”.

Dunque, ciò che occorre, ai fini dell’integrazione della condotta criminosa di “inquinamento ambientale”, è che vi sia “uno squilibrio funzionale o strutturale”, che, nel caso in esame è evidenziato “dal livello di torbidità accertato e soprattutto dalla presenza nei fanghi fuoriusciti dall’area di bonifica, di sostanze tossiche quali i metalli pesanti ed idrocarburi policiclici aromatici (questi ultimi qualificati anche come cancerogeni e mutageni), la cui presenza nelle acque, indipendentemente dagli effetti letali sulla fauna, può determinarne la contaminazione”.

La Cassazione analizza, anche, la qualificazione offerta dalla norma alle azioni di “compromissione” e “deterioramento”: esse devono essere “significative” e “misurabili”, venendo così elevato in modo considerevole il livello di lesività della condotta, escludendo i fatti di minore rilievo. Ai fini della valutazione della “significatività” e “misurabilità” del danno ambientale, la Corte precisa che in presenza di “parametri imposti dalla disciplina di settore” (quali i limiti imposti dal D. Lgs. 152/06), questi possono, certamente, fornire un elemento concreto di giudizio, circa il fatto che la compromissione o il deterioramento causati siano effettivamente rilevanti – così come richiesto dalla legge – ma non costituiscono un “vincolo assoluto“.

 

In sostanza, l’evento del delitto di inquinamento ambientale consiste in una rilevante alterazione – squilibrio funzionale o strutturale – dell’ambiente, anche se reversibile e non tendenzialmente irrimediabile, ma comunque, quantitativamente apprezzabile o concretamente accertabile e che non sfoci in uno degli eventi, ben più gravi, che caratterizzano il disastro ambientale.

La Cassazione ha dunque, attraverso la pronuncia in esame, affermato l’idoneità della nuova norma incriminatrice, ex art. 452 bis c.p., a sanzionare condotte, ricostruibili sotto il profilo della loro materialità, e qualificabili come illecite, qualora ricorrano le condizioni che la norma indica e che il Giudice può concretamente rinvenire nell’ evento incriminato sottoposto alla sua valutazione. Si tratta della conferma che la fattispecie introdotta dalla L. 68/2015 corrisponde a criteri di penalizzazione efficace, poiché tutela beni comuni, così come costituzionalmente definiti, e beni individuali non altrimenti tutelabili, in quanto descrive condotte antisociali ed eventi lesivi che non rientravano in fattispecie penali precedenti.

Dott.ssa Laura Avantaggiato

Avv. Michele Bonsegna

 

 

[1] Art. 452-bis. Inquinamento ambientale.

È punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da euro 10.000 a euro 100.000 chiunque, in violazione di disposizioni legislative, regolamentari o amministrative, specificamente poste a tutela dell’ambiente e la cui inosservanza costituisce di per sè illecito amministrativo o penale, cagiona una compromissione o un deterioramento rilevante:

1) dello stato del suolo, del sottosuolo, delle acque o dell’aria;

2) dell’ecosistema, della biodiversità, anche agraria, della flora o della fauna selvatica.

Quando l’inquinamento è prodotto in un’area naturale protetta o sottoposta a vincolo paesaggistico, ambientale, storico, artistico, architettonico o archeologico, ovvero in danno di specie animali o vegetali protette, la pena è aumentata.

[2] 452-quater. Disastro ambientale.

Fuori dai casi previsti dall’articolo 434, chiunque abusivamente cagiona un disastro ambientale è punito con la reclusione da cinque a quindici anni. Costituiscono disastro ambientale alternativamente:

1) l’alterazione irreversibile dell’equilibrio di un ecosistema;

2) l’alterazione dell’equilibrio di un ecosistema la cui eliminazione risulti particolarmente onerosa e conseguibile solo con provvedimenti eccezionali;

3) l’offesa alla pubblica incolumità in ragione della rilevanza del fatto per l’estensione della compromissione o dei suoi effetti lesivi ovvero per il numero delle persone offese o esposte a pericolo.

Quando il disastro è prodotto in un’area naturale protetta o sottoposta a vincolo paesaggistico, ambientale, storico, artistico, architettonico o archeologico, ovvero in danno di specie animali o vegetali protette, la pena è aumentata.