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Il pagamento integrale dell’IVA prima della sentenza definitiva estingue il reato di omesso versamento.

Uno dei reati che, nel recente periodo di crisi economica, è frequentemente contestato agli imprenditori è quello dell’omesso versamento dell’imposta sul valore aggiunto e delle ritenute, di cui all’art. 10ter D. Lgs. 10 marzo 2000, n. 74.
Il perdurante “periodo nero” dell’economia ha indotto il legislatore a mitigare – attraverso il decreto legislativo n. 158 del 24 settembre 2015 – lo specifico rischio-reato nei confronti di chi esercita un’attività d’impresa e, molto spesso, non è in grado di ottemperare al pagamento delle imposte entro il periodo stabilito dalla legge.
L’intervento novellatore di fine 2015 si è sviluppato attraverso due direttrici: la prima persegue l’obiettivo di diminuire ex ante il numero di reati di tale specie, aumentando le soglie di punibilità, ossia il quantum di evasione che comporta (oltre all’accertamento in sede tributaria) anche l’accusa in sede penale; la seconda mira, invece, a sfoltire ex post il numero di processi penali già in corso, prevedendo che l’integrale pagamento dell’IVA non versata comporta l’estinzione del processo incardinato per violazione dell’art. 10ter D. Lgs. 10 marzo 2000, n. 74.
Tale ultimo istituto premiale opera, stando alla lettera del novellato art. 13 D. Lgs. 74/2000, se l’adempimento dell’obbligazione tributaria – comprensiva di accessori ed interessi – avviene prima dell’apertura del dibattimento di primo grado.
Ebbene, in tale quadro normativo irrompe la sentenza della Terza Sezione della Cassazione n. 40314/2016 emessa in data 28.09.2016.
La portata rivoluzionaria di tale sentenza è data dal fatto che la Suprema Corte ha effettuato una interpretazione costituzionalmente orientata del dettato del sopramenzionato art. 13 D. Lgs. 74/2000.
Sulla scorta del principio di cui all’art. 27, comma 3, Cost, che prevede che la pena deve tendere alla rieducazione del condannato, i Giudici di legittimità hanno esteso l’ambito di applicazione del principio della efficacia estintiva dell’integrale pagamento anche laddove questo intervenga a dibattimento già aperto, purché prima della sentenza definitiva.
Se è vero, infatti, che la pena assolve a finalità rieducative, l’interesse dell’ordinamento a punire l’imputato viene meno allorché quest’ultimo abbia riparato alle conseguenze dannose del reato, con ciò ripristinando l’ordine giuridico violato ed – in definitiva – la legalità.
L’importanza del principio sancito dalla pronuncia di legittimità in esame, inoltre, è amplificata dal fatto che la stessa non si limita a superare la preclusione procedurale data dall’apertura del dibattimento solo per i processi futuri, ma anche per quelli già pendenti al 22.10.2015 (data di entrata in vigore della riforma).
Affermano, in merito, la sentenza:
“[…] il principio di uguaglianza, che vieta trattamenti differenti per situazioni uguali, impone, infatti, di ritenere che, sotto il profilo sostanziale, il pagamento del debito tributario assuma la medesima efficacia estintiva, sia che avvenga prima della dichiarazione di apertura del dibattimento, sia, nei procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del d.lgs. 158 del 2015, che avvenga dopo tale limite, purché prima del giudicato”.
Il principio della retroattività della norma penale più favorevole, dunque, implica, in definitiva, l’estensione della causa di non punibilità per tutti i processi sub judice a far data dal 22.10.2015.
Si può concludere, pertanto, osservando che, alla luce della divisata decisione della Cassazione, l’ordinamento giuridico italiano compie un importante balzo in avanti nella valorizzazione del dialogo tra interesse pubblico ed interesse privato, deflazionando le aule di Giustizia penali, assicurando all’erario gli introiti dovuti e garantendo all’imprenditore di andare esente dal processo e dalla eventuale pena.

Dott. Giuseppe De Pascalis

Avv. Michele Bonsegna