La violazione della procedura sancita dal diritto di polizia sull’apertura di discoteche e locali da ballo può integrare, come risaputo, gli estremi del reato di cui all’art. 681 c.p., norma lasciata in bianco dal Legislatore e idonea a ricomprendere al proprio interno numerosissime violazioni delle prescrizioni dettate dall’Autorità. Non è altrettanto noto, tuttavia, che la contestazione, da parte degli organi inquirenti, della fattispecie criminosa ex art. 681 – per aver aperto un locale da ballo in spregio alla legislazione di settore – può coinvolgere, altresì, la posizione giuridica dell’amministratore pubblico, in capo al quale può configurarsi una responsabilità per aver illegittimamente rilasciato l’autorizzazione. Con il seguente contributo, si intende fornire al lettore una breve disamina della normativa di Pubblica Sicurezza avente ad oggetto la disciplina della apertura e tenuta dei locali da ballo e di pubblico spettacolo, segnalando le aree maggiormente a rischio reato, anche avendo riguardo alla posizione, in seno all’organo amministrativo, degli esponenti della Pubblica Amministrazione.
Premessa: i locali da ballo fra esigenze di intrattenimento e pubblico interesse
In uno Stato di democrazia pluralista, qual è l’Italia, la libertà di iniziativa economica privata trova il proprio necessario contraltare nella tutela di interessi pubblici [1].
Al principio del bilanciamento tra libertà di impresa e tutela pubblica dell’economia soggiacciono tutte quelle imprese che necessitano, per potere operare sul mercato, di concessioni o autorizzazioni pubbliche: tra queste, vi sono anche le aziende dell’intrattenimento. Quest’ultimo è un settore dell’economia in forte crescita, con un fatturato complessivo pari a circa 7,5 miliardi di euro fra bar, discoteche e altri locali pubblici nel solo anno 2015 [2].
Segnalata l’importanza economica che ha assunto, negli ultimi anni, il business legato all’intrattenimento, è importante ricordare che l’apertura di una discoteca o di un locale da ballo [3] rientrano tra le attività soggette al previo rilascio di un provvedimento amministrativo, la così detta licenza.
Tanto è stato previsto dal Legislatore già prima dell’entrata in vigore della Costituzione Repubblicana, con il Testo Unico delle Leggi in materia di Pubblica Sicurezza (conosciuto con l’acronimo T.U.L.P.S.), introdotto dal R.D. 18 giugno 1931, n. 773 [4].
Due norme di tale codificazione legislativa interessano, in particolare, la posizione dell’imprenditore che intenda avviare un’impresa avente ad oggetto la gestione di una discoteca: l’art. 68, comma 1, e l’art. 80 del T.U.L.P.S.
Orbene, alla luce dell’importanza che il contenuto prescrittivo di dette norme riveste ai fini del presente contributo è doveroso approfondirne il contenuto e la portata.
Afferma l’art. 68, comma 1:
“Senza licenza del Questore non si possono dare in luogo pubblico o aperto o esposto, al pubblico, accademie, feste da ballo, corse di cavalli, nè altri simili spettacoli o trattenimenti, e non si possono aprire o esercitare circoli, scuole di ballo e sale pubbliche di audizione. Per eventi fino ad un massimo di 200 partecipanti e che si svolgono entro le ore 24 del giorno di inizio, la licenza è sostituita dalla segnalazione certificata di inizio attività di cui all’articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, presentata allo sportello unico per le attività produttive o ufficio analogo”[5].
Orbene, si deve notare come la norma in questione contempli due distinte fattispecie, individuate, rispettivamente, dal primo e dal secondo periodo: [1] la prima subordina la possibilità di effettuare “in luogo pubblico o aperto o esposto, al pubblico, accademie, feste da ballo, corse di cavalli, nè altri simili spettacoli o trattenimenti, e non si possono aprire o esercitare circoli, scuole di ballo e sale pubbliche di audizione” ad una autorizzazione – la licenza del Questore [6] – ovvero a quell’atto amministrativo discrezionale [7] con cui un’Autorità pubblica rimuove i limiti che, per motivi di pubblico interesse, sono posti in via generale ed astratta dalla legge all’esercizio di una preesistente situazione giuridica soggettiva. Si comprende dalla tipologia di provvedimento amministrativo richiesto dalla legge, quindi, che l’imprenditore è sì titolare ab initio del diritto di avviare il locale da ballo, ma l’esercizio di tale diritto gli è impedito dalla mancanza della licenza [2]. La seconda fattispecie contenuta nell’art. 68, primo comma, invece, prevede che la facoltà di esercitare comunque l’attività di discoteca, anche in assenza della licenza del Questore, con la mera “segnalazione certificata di inizio attività di cui all’articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, presentata allo sportello unico per le attività produttive o ufficio analogo” purché, tuttavia, si tratti di “eventi fino ad un massimo di 200 partecipanti e che si svolgono entro le ore 24 del giorno di inizio”.
Regimi giuridici e iter procedimentale
Dunque, l’art. 68 T.U.L.P.S. tipizza due possibili regimi giuridici per l’impresa del settore dell’intrattenimento:
- se lo spettacolo ha carattere di stabilità nel tempo per essere realizzato deve necessariamente essere preceduto dal rilascio di un titolo espresso e autorizzativo che, preceduto da idonea istruttoria gravata, sarà rilasciato dall’Amministrazione comunale locale;
- se, invece, lo spettacolo ha un carattere di temporaneità ed eccezionalità e allo stesso partecipano massimo 200 persone, l’imprenditore potrà esercitare sin da subito il proprio business ricorrendo alla Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA), ossia a quella dichiarazione che consente alle imprese di iniziare, modificare o cessare un’attività produttiva, senza dover attendere i tempi e l’esecuzione di verifiche e controlli preliminari da parte degli enti competenti. La SCIA, infatti, ai sensi dell’art. 19 della legge 241/1990, produce effetti immediati e sostituisce tutte le autorizzazioni, licenze o domande di iscrizioni non sottoposte a valutazioni discrezionali o al rispetto di norme di programmazione e pianificazione, così come di vincoli ambientali, paesaggistici, culturali, ecc [8]. Si noti che il testo della disposizione induce a ritenere che il requisito temporale e quello della quantità massima di partecipanti debbano sussistere congiuntamente e che, pertanto, la mancanza ab initio o il venir meno di anche solo uno degli stessi riattiva quel “blocco” all’attività di impresa, rimuovibile soltanto attraverso il procedimento amministrativo finalizzato al rilascio della licenza, certamente più gravoso.
In entrambi i casi, lo spettacolo non potrà comunque tenersi, laddove non sia verificata l’agibilità dei luoghi, ai sensi dell’art. 80 T.U.L.P.S., che recita:
“L’autorità di pubblica sicurezza non può concedere la licenza per l’apertura di un teatro o di un luogo di pubblico spettacolo, prima di aver fatto verificare da una commissione tecnica la solidità e la sicurezza dell’edificio e l’esistenza di uscite pienamente adatte a sgombrarlo prontamente nel caso di incendio. Le spese dell’ispezione e quelle per i servizi di prevenzione contro gli incendi sono a carico di chi domanda la licenza”.
Ebbene, il Legislatore ha delineato, con quest’articolo, l’iter procedimentale culminante nell’emanazione della licenza di agibilità del locale: il procedimento si incentra sulla verifica della contestuale sussistenza di tre elementi necessari per aprire al pubblico il locale da ballo:
– la solidità dell’edifico;
-la sicurezza dell’edificio;
-l’esistenza di uscite pienamente adatte a sgombrarlo prontamente nel caso di incendio.
Già dal confronto tra i testi delle due norme è possibile evincerne la differente ratio. Ed invero, il Legislatore prerepubblicano ha obbligato chi gestisce una discoteca a munirsi della licenza del Questore, ex art. 68, per garantirsi uno strumento di controllo preventivo della onorabilità e legalità degli spettacoli posti in essere sul territorio nazionale, nell’ottica autoritaria di contrasto di spettacoli immorali o, addirittura, sediziosi. Tale strumento, depurato dagli originari connotati tipicamente fascisti, è stato conservato nell’ordinamento repubblicano, rivelandosi utilissimo nell’implementazione del bilanciamento tra interessi pubblici ed impresa privata.
Dall’altro lato, invece, la previsione della licenza ex art. 80 soddisfaceva e soddisfa più elementari esigenze di sicurezza della collettività. Dominus di tale procedimento non è, infatti, il Questore, ma un organo tecnico, la Commissione tecnica. Infine, si deve può osservare come sia sintomatica di tale differenza di scopo, tra le due norme, altresì, la circostanza che il controllo di sicurezza ai sensi dell’art. 80 non è rimesso all’Autorità statale, ma demandato a quella locale: il D.P.R. 28 maggio 2011 n. 311 ha concesso la facoltà agli enti locali di costituire una propria Commissione tecnica comunale in sostituzione della Commissione provinciale di vigilanza, in forma singola o in forma associata in caso di ambiti territoriali ristretti [9].
Apertura abusiva di luoghi di pubblico spettacolo o trattenimento
Come osservato, i sopra illustrati artt. 68 e 80 T.U.L.P.S. fanno riferimento a due diverse licenze e perseguono due differenti ratio. Nondimeno, entrambe le norme di diritto di polizia, in passato, erano sorrette dalla sanzione penale, in caso di violazione del loro contenuto precettivo.
In particolare, l’apertura di un locale senza l’autorizzazione del Questore integrava la contravvenzione di cui alla precedente formulazione dell’art. 666 c.p. [10], punita con “l’ammenda da lire ventimila a un milione” e con “l’arresto fino a un mese” in caso di licenza “negata, revocata o sospesa”. Con la depenalizzazione dell’illecito, avvenuta ad opera dell’art. 49, D. Lgs. 30.12.1999, n. 507, la mancanza della licenza configura una mera violazione amministrativa, punita con la sola sanzione pecuniaria [11].
Tutt’ora in vigore è, al contrario, l’illecito contravvenzionale di cui all’art. 681 c.p.[12], secondo il quale:
“Chiunque apre o tiene aperti luoghi di pubblico spettacolo, trattenimento o ritrovo, senza avere osservato le prescrizioni dell’Autorità a tutela della incolumità pubblica, è punito con l’arresto fino a sei mesi e con l’ammenda non inferiore a euro 103”.
Orbene, giova preliminarmente ribadire che, nonostante l’art. 681 si riferisca a “chiunque”, trattasi, in verità, di un reato proprio, in quanto la norma incrimina un soggetto qualificato, individuato in colui che apre al pubblico luoghi per celebrare spettacoli e serate danzanti con l’intento di trarne profitto, con la logica conseguenza che la festa privata, tenutasi in un locale in altre occasioni adibito a discoteca, non obbliga l’organizzatore a munirsi della autorizzazione ex art. 80 T.U.L.P.S. e, pertanto, non integra il reato in esame [13].
Chiarita la natura del soggetto attivo del reato, per quanto, invece, attiene alla condotta sanzionata, è di tutta evidenza come la lettera dell’articolo in questione delinei una norma penale in bianco, punendo con le sanzioni penali dell’arresto e dell’ammenda [14] tutte le condotte contrastanti con le regole cautelari in materia di incolumità pubblica in occasione di spettacoli o intrattenimenti partecipati da un gran numero di persone e, quindi, ritenute “a rischio”. L’ampiezza del dettato normativo permette di ricondurre, tra le norme che individuano le regole cautelari, proprio l’art. 80 T.U.L.P.S..
E invero, con riferimento a tale articolo, si deve rilevare come la condotta punita non è solo quella “attiva” di organizzare le serate danzanti in assenza tout court degli standard previsti dalla normativa di sicurezza ed accertati dalla Commissione tecnica, ma anche quello di operare nel settore con una licenza pur originariamente valida e, tuttavia, non rinnovata o, ancora, quello di violare le prescrizioni impartite con l’autorizzazione rilasciata [15]. L’art. 681 c.p. mira, infatti, a garantire l’incolumità di coloro che assistono o partecipano ad una serata danzante, rafforzando con la sanzione penale l’osservanza e la vigenza degli obblighi previsti dal diritto di polizia. Tanto è stato confermato anche dalla recente giurisprudenza di legittimità sull’argomento, che ha affermato:
“La fattispecie di reato di cui all’art. 681 c.p. è configurabile a carico di chi apre o tiene aperti luoghi di pubblico spettacolo o trattenimento senza l’osservanza delle prescrizioni dell’autorità a tutela della incolumità pubblica, nonché qualora manchi del tutto, in quanto non richiesta o, comunque, non rilasciata o scaduta, la licenza nella quale le suddette prescrizioni avrebbero dovuto essere contenute. Il reato è, dunque, integrato dalla condotta dell’amministratore di una società che organizzi, nel locale condotto in gestione, serate danzanti cui partecipi un numero elevato di spettatori, previo pagamento di una consumazione fissa maggiorata, senza l’osservanza delle prescrizioni a tutela dell’incolumità pubblica e della licenza di agibilità”[16].
Ciò posto, si deve rilevare, in conclusione di questa breve disamina della fattispecie criminosa ex art. 681 c.p., che la correlazione tra quest’ultima e le prescrizioni dettate con il rilascio dell’autorizzazione è così stretta che l’autorizzazione “riempie di contenuto” la violazione contestata all’imprenditore, segnando così il confine tra condotta punibile e condotta non punibile [17], tanto che la verifica della sussistenza del reato non potrà che avvenire alla luce del parametro rappresentato dall’autorizzazione. Se si considera, poi, che il reato in parola è di tipo contravvenzionale e, dunque, punibile sia a titolo di dolo che a titolo di colpa, si comprende che l’imprenditore è esposto ad un rilevantissimo rischio reato e, per prevenire il verificarsi di contestazioni a titolo di apertura abusiva di luoghi di pubblico spettacolo o trattenimento, ha necessità di dotarsi, nella fase di start up dell’impresa come in quella della prosecuzione dell’attività, di un sistema di controllo interno volto a verificare l’ampiezza delle autorizzazioni e la vigenza delle stesse.
Apertura di locale senza licenza ex art. 80 T.U.L.P.S. ed abuso d’ufficio dell’amministratore pubblico
Nelle pagine iniziali del presente contributo si è avuto modo di rilevare che l’attività di gestione di locali da ballo richiede il dialogo tra impresa ed Ente pubblico. Proprio in questa fase di dialogo, può accadere che la non conformità dell’impresa rispetto alle previsioni di cui all’autorizzazione ex art. 80 T.U.L.P.S. origini la commissione di un reato per la Parte pubblica.
Si pensi che
“la contravvenzione di apertura abusiva di luoghi di pubblico spettacolo o trattenimento, (art. 681 cod. pen.) sussiste anche in caso di inosservanza della disposizione di cui all’art. 80 T.U.L.P.S., che richiede la preventiva verifica ad opera di un’apposita commissione tecnica della solidità e sicurezza dell’edificio”[18].
Nel caso in esame, oggetto di pronunciamento della Corte di Cassazione, il Sindaco di un Comune aveva autorizzato l’apertura al pubblico del palazzetto dello sport per la disputa di un incontro di basket, senza verifica della solidità e sicurezza dell’impianto da parte della Commissione provinciale di vigilanza, in violazione di quanto disposto dall’art. 80, ragion per cui era stato avviato un processo penale nei confronti del gestore del palazzetto: da un lato, pertanto, il gestore è stato condannato, in via definitiva, ai sensi dell’art. 681 c.p.; dall’altro, lo stesso Sindaco si è esposto a contestazione di responsabilità penale, per avere astrattamente commesso un abuso d’ufficio.
Detta fattispecie è disciplinata dall’art. 323 c.p. e prevede che venga punito con la reclusione “il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che, nello svolgimento delle funzioni o del servizio, in violazione di norme di legge o di regolamento, ovvero omettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto o negli altri casi prescritti, intenzionalmente procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arreca ad altri un danno”.
Questo può essere il caso dell’Amministratore pubblico o del Dirigente che con il proprio comportamento favorisca l’apertura di un locale da ballo senza l’adeguata istruttoria prevista dagli articoli 68 e 80 citati e favorendo, così, un operatore economico rispetto agli altri.
L’abuso d’ufficio è reato proprio e può essere commesso dai soli pubblici ufficiali [19] o incaricati di un pubblico servizio [20] e, dunque, si configura solo laddove la condotta illecita dell’agente si realizzi nell’esercizio delle sue funzioni o del suo servizio [21]. Dalla portata della norma emerge la plurioffensività del reato, teso a tutelare sia il privato da comportamenti illegittimi ed autoritari dell’esponente pubblico, che il principio di imparzialità e buon andamento della Pubblica Amministrazione [22].
Perché via sia abuso d’ufficio, però, deve sussistere in capo all’attore la volontarietà di eludere la normativa per favorire l’apertura del locale da ballo. La giurisprudenza individua l’elemento soggettivo richiesto ai fini della sua integrazione nel dolo intenzionale, inteso come la rappresentazione e volontà dell’evento “ingiusto profitto” o “ingiusto danno” quale conseguenza della condotta posta in essere in violazione delle norme regolamentari o legislative o degli obblighi di astensione.
La natura del dolo previsto dal reato è stata confermata, come anticipato, da un consolidato orientamento della Suprema Corte di Cassazione, per il quale:
“Ai fini della sussistenza dell’elemento soggettivo nel delitto di abuso di ufficio di cui all’art. 323 c.p., non è sufficiente né il dolo eventuale – e cioè l’accettazione del rischio del verificarsi dell’evento – né quello diretto – e cioè la rappresentazione dell’evento come realizzabile con elevato grado di probabilità o addirittura con certezza, senza essere un obiettivo perseguito -, ma è richiesto il dolo intenzionale, e cioè la rappresentazione e la volizione dell’evento di danno altrui o di vantaggio patrimoniale, proprio o altrui, come conseguenza diretta e immediata della condotta dell’agente e obiettivo primario da costui perseguito. Ne consegue che se l’evento tipico è una semplice conseguenza accessoria dell’operato dell’agente, diretto a perseguire, in via primaria, l’obiettivo di un interesse pubblico di preminente rilievo, riconosciuto dall’ordinamento e idoneo ad oscurare il concomitante favoritismo o danno per il privato, non è configurabile il dolo intenzionale e pertanto il reato non sussiste” [23].
Modalità della condotta di abuso d’ufficio
Ciò posto, venendo ora ai comportamenti che possono, in concreto, integrare l’abuso d’ufficio, occorre sottolineare che il reato può esplicarsi attraverso quattro differenti modalità, tutte tipizzate nel testo dell’art. 323 c.p.[24]:
-l’arrecare un ingiusto vantaggio patrimoniale in violazione di norme di legge o di regolamento;
-l’arrecare un ingiusto vantaggio patrimoniale omettendo di astenersi in situazioni in cui la legge prevede l’obbligo di astensione;
-l’arrecare un danno ingiusto in violazione di norme di legge o di regolamento;
-l’arrecare un ingiusto danno omettendo di astenersi in situazioni in cui la legge prevede l’obbligo di astensione.
Ebbene, nel caso paradigmatico del rilascio al gestore di un locale da ballo della licenza ex art. 80, qualora l’Autorità procedente mancasse tout court del potere necessario ad emettere l’atto ovvero versasse in una situazione di impossibilità di adottare l’atto per mancanza dei requisiti di legge, non si configurerebbe una ipotesi di abuso d’ufficio per inottemperanza a doveri di astensione, ma di abuso finalizzato ad arrecare un danno ingiusto o un ingiusto profitto [25]. In particolare, nella predetta situazione, la condotta del pubblico ufficiale si porrebbe in contrasto con le prescrizioni dettate dal procedimento delineato dal Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, laddove, ad esempio, certificasse falsamente la sussistenza della solidità degli edifici adibiti a locale da ballo, col riconosciuto fine di avvantaggiare l’imprenditore, che risulterebbe autorizzato ad esercitare l’attività di impresa senza i dovuti requisiti tecnici di agibilità [26].
Al contrario, al pubblico ufficiale non può essere contestata la fattispecie ex art. 323 c.p. laddove la licenzia sia rilasciata in presenza di tutti i requisiti, ma successivamente il gestore alteri le condizioni del locale da ballo in difformità a quanto stabilito nell’autorizzazione e commettendo il reato contravvenzionale di cui all’art. 80 T.U.L.P.S. [27].
In termini più semplici, perché ci sia abuso d’ufficio il comportamento posto in essere deve presupporre l’illegittimità dell’atto rilasciato, ma nell’indagine deve trovare conferma la volontà di favorire un operatore economico in luogo di un altro: ed è proprio questo il discrimine fra illecito amministrativo ed illecito penale che, molto spesso, porta alla emissione di sentenze di assoluzione dal reato di cui all’art. 323 c.p..
Conclusioni
Le brevi considerazioni sinora svolte permettono di evidenziare, in conclusione, come le imprese del settore dell’intrattenimento e, segnatamente, quelle che gestiscono discoteche e locali da ballo, presentino un rilevante rischio di commissione di reati, rischio che si può estendere anche agli Amministratori degli Enti pubblici con cui l’imprenditore intrattiene rapporti.
Tanto premesso, tali rischi risultano, da un lato, riconducibili ad una scarsa consapevolezza dei danni che possono derivare da un processo penale ai sensi dell’art. 681 c.p., primo tra tutti l’applicazione della misura cautelare del sequestro del locale, che può decretare la “morte” dell’impresa sul mercato; dall’altro, la possibilità che venga contestata l’abusiva apertura di luoghi di pubblico spettacolo o trattenimento è amplificata dalla natura di norma in bianco dello stesso art. 681 c.p., che necessita di essere integrata dalle singole prescrizioni tecniche previste dall’autorizzazione, che fungono da parametro di valutazione dell’illiceità del comportamento incriminato, spesso di difficile comprensione anche per l’imprenditore “virtuoso” e desideroso di adeguarvisi.
Ciò posto, la soluzione che appare di gran lunga la più auspicabile è quella, per le società che operano nel settore, di implementare una compliance interna – volta a controllare, nell’ottica di abbattere la propensione al rischio penale, tutto l’iter amministrativo per l’ottenimento delle autorizzazioni necessarie all’avvio del business, nonché a verificare la vigenza delle autorizzazioni e la loro conformità alla specifica attività svolta dall’impresa.
Tali semplici accorgimenti potranno risultare decisivi, in caso di un procedimento penale incardinato per la violazione dell’art. 681 c.p., per dimostrare al Magistrato l’estraneità della società rispetto all’accusa mossa e, allo stesso tempo, dare continuità all’attività d’impresa e garantire a quest’ultima competitività sul mercato.
Dott. Giuseppe De Pascalis
Avv. Michele Bonsegna
* * * * *
[1] Cfr. art. 41 Cost.: “L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali”. Sul punto, si rinvia a F. ZATTI, Riflessioni sull’art. 41 Cost.: la libertà di iniziativa economica privata tra progetti di riforma costituzionale, utilità sociale, principio di concorrenza e delegificazione, in Scritti in onore di Claudio Rossano, Napoli, Jovene, 2013.
[2] Fonte: Il Sole 24 ore, R. MACCHIONE,I numeri dell’economia della notte: in Italia il divertimento vale 71 miliardi di euro, che cita dati del Silb (Sindacato Italiano Locali da Ballo) e della Fipe-Federazione Italiana Pubblici Esercizi consultabile su http://www.quotidianoentilocali.ilsole24ore.com/print/ABYoYuz/0.
[3]“Discoteca” e “locale da ballo”, nonché “serate danzanti” saranno usati come sinonimi, nel corso del presente lavoro.
[4] Tuttora vigente, con le modificazioni introdotte, nel corso degli anni, dal Legislatore e dalla Corte Costituzionale, resesi necessarie anche per emendarlo di alcune fattispecie figlie del regime autoritario durante il quale era stato emanato.
[5] Afferma, poi, il secondo comma: “Per le gare di velocità di autoveicoli e per le gare aeronautiche si applicano le disposizioni delle leggi speciali”.
[6] Si ricordi che la Corte costituzionale, con sentenza 15 dicembre 1967, n. 142, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 68 nella parte in cui vieta di dare feste da ballo in luogo esposto al pubblico, senza licenza del Questore, in riferimento all’art. 17 della Costituzione. Con successiva sentenza 9-15 aprile 1970, n. 56 (G.U. 22 aprile 1970, n. 102), la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente articolo nella parte in cui prescrive che, per i trattenimenti da tenersi in luoghi aperti al pubblico e non indetti nell’esercizio di attività imprenditoriali, occorre la licenza del Questore.
[7] Cfr. E. Casetta, Manuale di diritto amministrativo, Milano,Giuffrè, 2011, pag. 518 e ss.
[8]Ricorrendo tali presupposti, alle imprese è sufficiente presentare il relativo modello SCIA, correttamente compilato e completo in ogni sua parte, per avviare la propria attività la pratica deve tuttavia essere corredata delle prescritte autocertificazioni circa il possesso dei requisiti soggettivi (morali e professionali, quando richiesti per lo svolgimento di determinate attività) nonché oggettivi (attinenti la conformità urbanistica, edilizia, igienico-sanitaria, ambientale etc. dei locali e/o attrezzature aziendali) e all’occorrenza, quando previsto, devono anche essere allegati elaborati tecnici e planimetrici. Sulla Scia, si veda E. Casetta, cit., pag. 612 e ss.
[9] Occorre segnalare che l’art. 4 del D.P.R. 28 maggio 2011 n. 311 ha inoltre modificato l’art. 141 del T.U.L.P.S., prevedendo specifiche competenze in caso di locali o impianti con capienza complessiva inferiore a 200 persone: “Per l’applicazione dell’articolo 80 della legge sono istituite commissioni di vigilanza aventi i seguenti compiti: a) esprimere il parere sui progetti di nuovi teatri e di altri locali o impianti di pubblico spettacolo e trattenimento, o di sostanziali modificazioni a quelli esistenti; b) verificare le condizioni di solidità, di sicurezza e di igiene dei locali stessi o degli impianti ed indicare le misure e le cautele ritenute necessarie sia nell’interesse dell’igiene che della prevenzione degli infortuni; c) accertare la conformità alle disposizioni vigenti e la visibilità delle scritte e degli avvisi per il pubblico prescritti per la sicurezza e per l’incolumità pubblica; d) accertare, ai sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo 8 gennaio 1998, n. 3, anche avvalendosi di personale tecnico di altre amministrazioni pubbliche, gli aspetti tecnici di sicurezza e di igiene al fine della iscrizione nell’elenco di cui all’articolo 4 della legge 18 marzo 1968, n. 337; e) controllare con frequenza che vengano osservate le norme e le cautele imposte e che i meccanismi di sicurezza funzionino regolarmente, suggerendo all’autorità competente gli eventuali provvedimenti.Per i locali e gli impianti con capienza complessiva pari o inferiore a 200 persone, le verifiche e gli accertamenti di cui al primo comma sono sostituiti, ferme restando le disposizioni sanitarie vigenti, da una relazione tecnica di un professionista iscritto nell’albo degli ingegneri o nell’albo degli architetti o nell’albo dei periti industriali o nell’albo dei geometri che attesta la rispondenza del locale o dell’impianto alle regole tecniche stabilite con decreto del Ministro dell’interno. Salvo quanto previsto dagli articoli 141-bis e 142 per l’esercizio dei controlli di cui al primo comma, lettera e), e salvo che la natura dei luoghi in cui sono installati gli allestimenti temporanei richiedano una specifica verifica delle condizioni di sicurezza, non occorre una nuova verifica per gli allestimenti temporanei che si ripetono periodicamente, per i quali la commissione provinciale di cui all’articolo 142, nella stessa provincia, o quella comunale di cui all’articolo 141-bis, nello stesso comune, abbia già concesso l’agibilità in data non anteriore a due anni”.
[10] La norma fu dichiarata costituzionalmente illegittima da C. Cost. 9-15.4.1970, n. 56, nella parte in cui richiedeva la licenza del Questore anche per gli spettacoli da tenersi in luoghi aperti al pubblico e non indetti nell’esercizio di attività imprenditoriali.
[11] L’attuale testo dell’art. 666, previsione che non viene in questa sede approfondita per la sopra illustrata depenalizzazione, è il seguente: “[1] Chiunque, senza la licenza dell’autorità in un luogo pubblico o aperto o esposto al pubblico, dà spettacoli o trattenimenti di qualsiasi natura, o apre circoli o sale da ballo o di audizioni, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 258 a euro 1.549. [2] Se la licenza è stata negata, revocata o sospesa, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 413 a euro 2.478. [3] È sempre disposta la cessazione dell’attività svolta in difetto di licenza. Se l’attività è svolta in locale per il quale è stata rilasciata autorizzazione o altro titolo abilitativo all’esercizio di diversa attività, nel caso di reiterazione delle violazioni di cui al primo comma e nell’ipotesi prevista dal secondo comma è disposta altresì la chiusura del locale per un periodo non superiore a sette giorni. [4] Per le violazioni previste dal presente articolo non è ammesso il pagamento in misura ridotta a norma dell’articolo 16 della legge 24 novembre 1981, numero 689”.
[12] Che può concorrere con l’illecito amministrativo di cui all’art. 666 c.p.: tanto è stato ribadito da Cass. pen. Sez. I, 20/03/2013, n. 27633, secondo cui: “La contravvenzione di apertura abusiva di luoghi di pubblico spettacolo o trattenimento, prevista dall’art. 681 cod. pen. a carico di chi apra o tenga aperti luoghi del genere anzidetto “senza aver osservato le prescrizioni dell’autorità a tutela dell’incolumità pubblica”, è configurabile anche nel caso in cui manchi del tutto, in quanto non richiesta o, comunque, non rilasciata o scaduta di validità, la licenza, nelle quale le suddette prescrizioni avrebbero dovuto essere contenute (Nella specie la Corte ha ritenuto l’incompletezza e non veridicità dell’autocertificazione contenuta nella s.c.i.a. presentata dalla ricorrente contenendo la stessa esclusivamente la descrizione dello stato di fatto dell’immobile nel quale doveva essere esercitata attività di discoteca, senza alcuna indicazione circa la capienza massima dei locali e l’esistenza di vie di fuga). (Rigetta, Trib. lib. Messina, 10/05/2012)”.
[13] Proprio perché la norma è posta a tutela di eventi organizzati a scopo di lucro e idonei a richiamare una moltitudine di persone, ciò che si presume non accada nel caso di festa privata. Tale principio è stato sancito, in giurisprudenza, da Cass. pen., Sez. I, 22.04.1993, n. 8851.
[14] Alla società sarà, inoltre, applicabile, in fase cautelare – laddove ne ricorrano i presupposti e le esigenze – il sequestro preventivo del locale.
[15] In tal senso si è espressa la Corte di Cassazione, stabilendo, con la sentenza del 29.9.2011, n. 3128 che “La contravvenzione prevista dall’art. 681 cod. pen., che ha come scopo la tutela del pubblico che assiste ad uno spettacolo, deve ritenersi sussistente ogniqualvolta l’agente organizzi un pubblico spettacolo senza avere osservato le prescrizioni dell’Autorità a tutela dell’incolumità pubblica secondo le indicazioni di cui all’art. 80 T.U.L.P.S. (Fattispecie relativa al sequestro preventivo di una discoteca, al cui interno veniva riscontrato un numero di avventori di gran lunga superiore a quello previsto come limite massimo nell’autorizzazione). (Rigetta, Trib. lib. Taranto, 23/03/2011)”.
[16] Cfr. Cass. pen., Sez. I, 24.09.2015, n. 43712.
[17] Si badi che è solo l’autorizzazione definitiva rilasciata dall’Autorità competente a definire gli obblighi del gestore della discoteca. Non sono invece, vincolanti, ai fini dell’applicazione dell’art. 681, i pareri rilasciati dall’organo tecnico in fase di istruttoria procedimentale. Tanto è stato affermato da Cass. pen. Sez. I, 25.02.1997, n. 2691, secondo la quale “Non integra la fattispecie del reato di “apertura abusiva”, di cui all’art. 681 c.p., l’inottemperanza, da parte del responsabile di attività svolte in luoghi di pubblico spettacolo o trattenimento, alle indicazioni fornite dalla commissione tecnica provinciale di vigilanza, che non costituisce organo dotato di autonomo potere di ordinanza, in quanto le funzioni consultive ed ispettive attribuitele dalla legge sono finalizzate alla successiva adozione degli eventuali provvedimenti da parte delle competenti autorità di p.s. o comunali”.
[18]Così Cass. pen., Sez. I, 22.06.2005, n. 25519.
[19] Cfr. art. 357 c.p.: “[1] Agli effetti della legge penale, sono pubblici ufficiali coloro i quali esercitano una pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa. [2] Agli stessi effetti è pubblica la funzione amministrativa disciplinata da norme di diritto pubblico e da atti autoritativi e caratterizzata dalla formazione e dalla manifestazione della volontà della pubblica amministrazione o dal suo svolgersi per mezzo di poteri autoritativi o certificativi”.
[20] Cfr. art. 358 c.p.: “[1] Agli effetti della legge penale, sono incaricati di un pubblico servizio coloro i quali, a qualunque titolo, prestano un pubblico servizio. [2] Per pubblico servizio deve intendersi un’attività disciplinata nelle stesse forme della pubblica funzione, ma caratterizzata dalla mancanza dei poteri tipici di quest’ultima, e con esclusione dello svolgimento di semplici mansioni di ordine e della prestazione di opera meramente materiali”.
[21] In tal senso, Cass. pen., Sez. II, 9.2.2006, n. 7600.
[22] Così Cass. pen., Sez. V, 05-05-1999, n. 7581, secondo cui: “In tema di abuso di ufficio, poichè, in base alla modifica introdotta dalla l. 16 luglio 1997, n. 234, l’illecito si configura come reato di evento, e poichè l’elemento soggettivo consiste nella coscienza e volontà del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio di abusare dei poteri inerenti alle sue funzioni, il danno altrui o l’ingiusto vantaggio devono essere, alternativamente o congiuntamente, presi di mira dall’agente e non semplicemente cagionati come risultato accessorio della sua condotta. A tanto consegue che la volontà colpevole può assumere solo la forma del dolo intenzionale e non anche quella del dolo eventuale”.
[23] Cfr. Cass. pen., Sez. VI, 24.02.2004, n. 21091, confermata dalle successive Cass. pen., Sez. III, 17.3.2016, n. 31865; Cass. pen., Sez. V, 3.12.2010, n. 3039; Cass. pen., Sez. VI, 27.6.2008, n. 33844; Cass. pen., Sez. VI, 7.5.2008, n. 35859.
[24] La tipizzazione di tali condotte ha permesso alla norma di superare le precedenti critiche di quanti la consideravano incostituzionale, in quanto carente sotto il profilo della tipicità. Si ricordi che il testo precedente dell’art. 323 c.p. recitava: “[1] Il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, che, al fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto vantaggio non patrimoniale o per arrecare ad altri un danno ingiusto, abusa del suo ufficio, è punito, se il fatto non costituisce più grave reato, con la reclusione fino a due anni. [2] Se il fatto è commesso per procurare a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale, la pena è della reclusione da due a cinque anni”.
[25] Cfr. supra, ipotesi sub a) e c)
[26] Si badi che, come affermato da “Cass. pen., Sez. III, 12.10.2011, n. 43669”, il reato viene integrato anche laddove il falso del pubblico ufficiale si realizzi in una fase del procedimento finalizzato al rilascio della licenza e non già nel procedimento definitivo, purché quest’ultimo sia una diretta derivazione della predetta condotta illecita.
[27] Una conferma di tale tesi si ritrova, mutatis mutandis, nella sentenza n. 6/2016 emessa dal Tribunale di Lecce – Prima Sezione Penale, con cui l’ex Sindaco e l’ex vice-Sindaco di un Comune salentino sono stati assolti dall’accusa di abuso d’ufficio, con continuazione, per avere, in virtù delle rispettive cariche, concesso una deroga ai limiti in materia di emissioni acustiche ad un locale da ballo per le manifestazioni temporanee in esso tenutesi, manifestazioni poi rivelatesi, poi, sistematiche. In particolare, la difesa ha dimostrato che nessun reato era contestabile, nel caso di specie, agli amministratori, avendo gli stessi agito in conformità con il Piano di Zonizzazione Acustica adottato dal Consiglio Comunale, che permette di concedere tali deroghe per le manifestazioni temporanee. Ebbene, il Collegio giudicante ha ritenuto che il fatto che il limite temporale dello sforamento della soglia di emissioni acustiche fosse stato superato dal gestore del locale non connotava di illiceità la concessione della deroga, che era stata rilasciata in ossequio della normativa locale, affermando: “La circostanza che questi limiti, temporali e sonori, siano stati poi di fatto violati dai destinatari del provvedimento concessorio è mero posterius logico rispetto alla contestazione di abuso d’ufficio m ossa agli odierni imputati ed oggetto di vicenda processuale aliunde definita”; per l’effetto, il Collegio pronunciava sentenza di assoluzione con la formula “perché il fatto non sussiste” per entrambi gli imputati.